Parco dello Stelvio: accordo per un Patto di fiducia tra Trento, Bolzano e Lombardia

Stelvio – Accordo raggiunto oggi a Roma fra le Province autonome di Trento e Bolzano, la Regione Lombardia, il sottosegretario agli affari regionali Gianclaudio Bressa […]

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AGGRESSIONE A MALEGNO

E’ giallo sul ferimento, nel pomeriggio di questo mercoledì di un rumeno 47enne, a Malegno. L’uomo, che dice di essere stato accoltellato, è stato trovato nei pressi di via Lanico, nel sottopasso della ferrovia, poco dopo le 15.30. Era visibilmente scosso, in tachicardia e presentava alcune contusioni. Soccorso dai volontari di Camunia Soccorso e dall’auto medica è stato trasportato all’ospedale di Esine dove, ovviamente, sono prontamente giunti anche i carabinieri di Breno per gli accertamenti del caso. Pare però che la versione dei fatti fornita dall’uomo non coincida con le ferite riscontrategli. Lo straniero, infatti, dice di essere stato aggredito, picchiato ed accoltellato – il che potrebbe anche essere vero visto che pare abbia qualche debito non saldato – ma in realtà i sanitari non avrebbero riscontrato ferite tali da ritenere che l’uomo sia stato aggredito con un coltello. Sono in corso indagini per capire che cosa sia accaduto esattamente e per capire se l’uomo stia raccontando la verità o nasconda qualcosa.

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LA DIFESA ATTACCA SUL DNA

L’unica prova scientifica che incastra Massimo Bossetti è quella del DNA. Nel luglio scorso i genetisti hanno fatto centro trovando finalmente, dopo migliaia di comparazioni, un profilo genetico, quello appunto del carpentiere di Mapello, che combaciava con quel prezioso campione nelle loro mani trovato sui leggins e sugli slip di Yara. Altri indizi poi hanno rafforzato il quadro accusatorio: la polvere bianca, come quella da muratore, respirata dalla 13enne di Brembate, il telefono di Bossetti che si spegne quella sera, i percorsi di Bossetti per Brembate con il suo furgone ripresi dalla telecamere. Tutti fatti che la difesa ha ricondotto alla sfera delle coincidenze annunciando di voler mettere in discussione anche la prova del DNA che ha portato in carcere il 42enne padre di due figli. L’assise alla difesa lo fornisce un dettaglio della relazione del ricercatore Carlo Previderè, consulente del pm Letizia Ruggeri, che affermerebbe che il DNA mitocondriale di Ognoto 1 non corrisponderebbe al Dna mitocondriale di Massimo Bossetti. Lo stesso consulente, confrontando la componente invece nucleare dei due DNA, avrebbe però concluso che corrispondono ed è per questo che Bossetti è stato arrestato.  Un vero e proprio rebus insomma, che gli esperti e i genetisti dovranno spiegare durante il processo. Da una parte c’è la difesa di Bossetti che parla di prova del DNA compromessa e di contraddizione negli accertamenti genetici e che ora avanza l’ipotesi che il DNA mitocondriale appartiene ad un’altra persona che non è il muratore di Mapello.

SECONDO GLI ESPERTI LA PROVA E’ CERTA
L’avvocato Claudio Salvagni presenterà quindi nuova istanza di scarcerazione. Dall’altra parte c’è l’accusa che ribadisce che sugli indumenti intimi di Yara c’è comunque il Dna nucleare (più identificativo) di Bossetti. Quindi, se anche ci fosse una seconda persona – è la tesi degli inquirenti – questa non escluderebbe l’arrestato dalla scena del crimine. Inoltre il dna di «Ignoto 1» è stato analizzato con lo stesso responso dai Ris di Parma, dallo stesso professor Carlo Previderè, dall’équipe della professoressa Cristina Cattaneo dell’Istituto di medicina legale dell’Università di Milano e dagli esperti di bioinformatica e genomica traslazionale dell’ospedale San Raffaele di Milano. Secondo i genetisti il dna mitocondriale può essersi degradato e possono essere rimaste più tracce di quello della vittima e non del suo assassino e quindi non ci sarebbe nulla di strano. A questo punto quindi il quadro scientifico si complica e diventa materia dei soli esperti e la sfera delle ipotesi invade anche il campo scientifico e nuovi dubbi vanno a minare alla base il pilastro dell’inchiesta basato proprio sull’unica prova che appariva inconfutabile, fino a qualche giorno fa.

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LA GESTIONE DELLE ACQUE ALLA SIV?

Rimettere in pista la SIV, la società Servizi Idrici di Valle Camonica Srl. Questo l’obiettivo dei sindaci che hanno votato a maggioranza lo scorso venerdì nell’assemblea dei soci (che altro non sono che i comuni), il progetto di rilancio delle funzioni della società nata nel 2012 con l’obiettivo di gestire il servizio idrico integrato, ma fino ad ora mai diventata operativa. L’obiettivo è dare a questa società quindi la gestione degli impianti di tutti i comuni, acquedotti ed impianti di depurazione, così che finalmente la Valle Camonica abbia una gestione omogenea delle acque e la Provincia un interlocutore unico con cui dialogare. Per fare diventare operativa questa società in primo luogo sono stati rinnovati gli organi di amministrazione: per il Comitato Unitario sono stati eletti presidente il sindaco di Sonico Giambattista Pasquini e i componenti il sindaco di Ponte di Legno Mario Bezzi, il sindaco di Edolo Luca Masneri, il sindaco di Cevo Silvio Citroni e il sindaco di Breno Sandro Farisolgio; per il Consiglio di Amministrazione sono stati eletti dei tecnici quali Pietro Guadenzi in qualità di presidente, Elena Richini e Paolo Funassi.

LE REGOLE LE DETTA IL BROLETTO
In secondo luogo bisogna “scorporare” il ramo acqua da Valle Camonica Servizi, la società dei comuni valligiana che gestisce distribuzione del metano e raccolta differenziata, che in questi anni si era configurata per diventare la società di riferimento per la gestione delle acque prendendo in carico la gestione e la realizzazione dei depuratori e la gestione degli impianti per conto di alcuni comuni. Tutto da rifare dunque in questo senso però perché la Provincia di Brescia deve costituire entro settembre 2015 un gestore unico per tutta la provincia di Brescia e le regole le stabilisce il Broletto: pare che le società che vogliono partecipare alla gara debbano avere come requisito quello di svolgere solo la gestione del ciclo idrico e non altri servizi. “In Valle Camonica non c’era una società partecipata dai comuni che svolgesse solo questo servizio – afferma il presidente della Provincia Pierluigi Mottinelli. “Valle Camonica Servizi infatti gestisce anche altri servizi ed è per questo” – afferma – che abbiamo chiesto di trasferire il ramo acqua alla SIV trasferendo automaticamente le funzioni alla Società Servizi Idrici di Valle Camonica amministrata dai sindaci dell’alta valle eletti nell’ultima assemblea.

ALCUNI SINDACI SONO PERPLESSI
Se la maggioranza dei primi cittadini ha votato a favore, qualcuno come il sindaco di Ono San Pietro Elena Brogi non nasconde qualche perplessità e qualcuno si è astenuto. Il sindaco di Paisco Loveno Bernardo Mascherpa ritiene che non sia questo il modo di risolvere il problema della gestione delle acque (per questo ha rifiutato il ruolo che gli era stata proposto di consigliere nella SIV). “La società non avrebbe” – secondo Mascherpa – “i requisiti previsti dal decreto Salva Italia in termini di fatturato e non avrebbe dipendenti, solo amministratori, e si andrebbe a creare una società in più quando se ne poteva avere una in meno.” “La nostra società ce l’abbiamo già – continua Mascherpa – riferendosi a Valle Camonica Servizi – e ora servono altri direttori, altri tecnici, altre spese.” Ad astenersi anche Prestine ed Esine. “Il comune di Esine ha il 7% delle quote in Valle Camonica Servizi” – afferma Fiorino Fenini, mentre nella nuova società le quote verranno divise in base alle utenze, al numero di abitanti.” La strada per raggiungere l’obiettivo del completamente delle infrastrutture del servizio di depurazione, pena multe dall’Unione Europea, sembra essere stata delineata. Che sia più breve o più lunga ancora non si sa, ciò che è certo che il tema è ancora al centro della discussione politica della Valle Camonica.

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FINE EMERGENZA A PISOGNE

L’autunno 2014 ha lasciato uno strascico di emergenze idrogeologiche sulla montagna di Pisogne con 6 nuclei di intervento di 3 molto importanti: la strada a nord di Pontasio e Grignaghe in località Siniga, con una frana importante che ah richiesto un importante intervento in somma urgenza, vista la pericolosità del dissesto e la particolare conformazione del territorio che non ammette disattenzioni di sorta. Quindi la frana in località S. Carlo che ha sconvolto un corso d’acqua, a seguito della quale sono stati effettuati importanti interventi di regimazione della valle e come terzo elemento di crisi acuta il collegamento tra Passabocche e la Val Palot, in via Passabocche 10, dove due case erano state sgomberate a causa di una frana che aveva fatto collassare la strada. Il punto di maggiore preoccupazione è il tratto di strada che collega Pontasio con Grignaghe in territorio della frazione Siniga: la strada di collegamento è stata interrotta per 3 giorni per poter sistemare un grande tombotto che dovrebbe far passare il flusso idrico di piena del torrente, creando anche un percorso di avvicinamento con mezzi d’opera per poter liberare il tombotto dai detriti e rendere pervio il percorso. L’importo di queste prime opere urgenti è dell’importo complessivo di 460.000 euro, metà dei quali a carico dello Ster di regione Lombardia sul capitolo “somma urgenza”; a questi si aggiunge la cifra di 40.000 euro da parte dell’Associazione dei Comuni bresciani; il rimanente a carico del Comune di Pisogne. La fragilità dei territorio di montagna è sempre presente: per questa ragione, come aveva dichiarato a suo tempo il sindaco Diego Invernici sul fronte delle emergenze di novembre, è indispensabile attuare una politica costante di monitoraggio, prevenzione e interventi, anche piccoli, ma costanti di manutenzione.

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AVANZA LA BOSSICO-CERATELLO

L’idea di un anello che collegasse la comunità di Bossico con l’alto Sebino e la bassa Vallecamonica era presente agli amministratori di Bossico e Costa Volpino da tempo: l’iniziativa era stata presa coraggiosamente dall’allora Sindaco di Bossico Marinella Cocchetti che aveva dato inizio all’opera, interrotta a metà tracciato da Bossico verso Ceratello per l’esaurimento dei fondi. Dallo scorso anno l”opera di completamento della strada è ripartita grazie ad un finanziamento di 620.000 euro di Regione Lombardia assegnato alla Comunità Montana dei laghi bergamaschi, ai quali si aggiungono 399.000 euro del Comune di Costa Volpino, in tre rate annuali di 133.000 euro, ad altri 366.000 euro del Comune di Bossico in tre rate annuali di 122.000 euro per un totale di 1.385.000 euro, Iva inclusa. L’importo è sufficiente a realizzare il 5° lotto di strada della lunghezza di un chilometro, pari a circa il 50% dell’intero tracciato. A maggio del 2014 era stato consegnato il cantiere alla ditta vincitrice dell’appalto, ma il maltempo da giugno a novembre aveva molto rallentato i lavori che sono ripresi con maggior entità proprio nel gennaio 2015 grazie al tempo clemente. La ditta che ha in appalto l’opera procede con celerità alla realizzazione del tracciolino di collegamento con la parte di strada che scende da Bossico, utilizzando anche rilievi aerofotogrammetrici e geosatellitari, da cui emerge che mancano poco meno di 400 metri al collegamento definitivo. Alle spalle del tracciolino le opere procedono con la creazione di muri in cemento armato di sostengo a valle del tracciato, realizzati con una fitta increspatura del parato esterno che consenta quindo un buon attecchimento della flora rampicante spontanea con evidente mitigazione dell’immagine, mentre i muri di sostegno a monte, sempre in cemento armato, verranno ricoperti di pietrame locale a vista, in analogia ai muri di sostegno dei terrazzamenti della montagna locale. Il completamento dei lavori, secondo il nuovo cronoprogramma, è previsto per metà estate, dunque in tempo per lanciare anche questo anello panoramico per Expo 2015. La strada sarà soprattutto una sicurezza in più per gli abitanti dei paesi alti della montagna tra Bossico e Costa Volpino.

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QUALE FUTURO PER REGIONI E PROVINCE?

Anche Regione Lombardia sta lavorando al riordino delle autonomie e il governatore Roberto Maroni ha lanciato la sua battaglia: opporsi all’ipotesi di fare tornare le Regione a quello che erano prima del 1970 quando erano enti amministrativi che non facevano le leggi e si limitavano a dare attuazione alle decisioni del Governo centrale. Un’ipotesi che secondo Maroni sarebbe contemplata nell’attule disegno di riforma delle autonomie che prevederebbe di lasciare i Comuni, creare le Città metropolitane e cancellare le Province e riportare le Regioni al passato secondo un disegno neo centrista che andrebbe nella direzione opposta a quella auspicata dalla Regione Lombardia che punta invece ad acquisire sempre maggiore autonomia in termini legislativi e fiscali.

ORA LE AREE VASTE
Per quanto riguarda le province che attualmente si trovano in una sorta di limbo essendo destinate alla cancellazione, Maroni la sua proposta l’ha fatta: la divisione del territorio lombardo in aree omogenee: la pianura, le città metropolitane e l’area montana. Un disegno pensato per il dopo province che vedrebbe valli alpine come le nostre venire accorpate alla provincia di Sondrio già riconosciuta come provincia montana e che seguirebbe un po’ la via indicata anche dalla bozza di riforma sanitaria che segue il principio di accorpamento delle aree simili per esigenze e necessità. “L’obiettivo è dare ai cittadini i migliori servizi possibili al minor costo possibile e questa è la strada.” Questo il commento del parlamentare camuno Davide Caparini. “La Valle Camonica ha molte più cose in comune con la Valtellina piuttosto che con la bassa bresciana. E’ la conseguenza inevitabile della riforma Del Rio.”

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TROPPI LAVORATORI SENZA CONTRATTO

Oltre 100 mila lavoratori coinvolti nel rinnovo del contratto di lavoro. Dal pubblico impiego al commercio, dai bancari agli operai, dai tessili ai forestali. A stilare la classifca la CGIL di Bergamo. I dati sono stati presentati nei giorni scorsi. Obiettivo di questo lavoro? Far capire che questa situazione – in un periodo già difficile a causa della crisi – pesa ancor di più sulle tasche dei lavoratori. Il mancato rinnovo dei contratti di lavori, infatti, ha pesanti ripercussioni sulle buste paga dei lavoratori. In provincia di Bergamo i lavoratorio dipendenti sono 360 mila: quasi un terzo di trova in questo momento senza contratto. Sono, infatti, in totale, 106 mila 205 i lavoratori che stanno aspettando il rinnovo del contratto. "Le ripercussioni di questo – dice il segretario della CGIL di Bergamo, Luigi Bresciani – sono notevoli, sia sul piano contrattuale normativo, sia su questo del reddito dei lavoratori". Ecco perché durante l’incontro di presentazione dei dati il segretario di Bergamo ha anche aggiunto che sul tema non c’è tempo da perdere. In questo momento, in Italia, infatti, per uscire dalla crisi – c’è bisogno di immetere liquidità nel sistema: "Per farlo – dice il segretario Bresciani – c’è anche lo strumento del rinnovo dei contratti di milioni di italiani".

I NUMERI DI BERGAMO
Ma vediamo qualche numero: i primi a soffrire di questa situazione sono i dipendenti pubblici con i contratti fermi da ormai sei anni, ma anche i lavoratori delle case di riposo – i dipendenti delle strutture della sanità privata hanno in contratti fermi da otto anni e dal 2013 non viene rinnovato quello per il settore turistico. A lungo si è parlato anche della situazione dei bancari che proprio a causa della rottura della trattativa per il rinnovo del contratto hanno proclamato uno sciopero per il prossimo 30 gennaio. Ai 12 mila lavoratori della scuola senza contratto si aggiungono, in provincia di Bergamo, i 17 mila del pubblico impiego, i 10 mila del turismo, i 45 mila del commercio, gli 8 mila bancari e senza arrivare a cifre da tre zeri, tante altre categorie come i dipendenti dei consorzi di bonifica, gli allevatori, i forestali, i dipendenti delle telecomunicazioni, i tessili, i dipendenti degli studi professionali, quelli della farmacie, gli artigiani meccanici, i lavoratori del trasporto pubblico locale, quelli della sanità privata e delle case di riposo.

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IL CORAGGIO DI VIVERE

Un bambino libero e felice nella Firenze dei primi anni 30, poi svuotato dei suoi diritti civili, privato della sua dignità, infine strappato alla sua famiglia, completamente sterminata, e internato nel campo di Auschwitz, dove è assegnato alla “rampa” con il compito di segnalare altri bambini, della sua stessa età, destinati agli esperimenti di Josef Mengele, il carnefice dei gemelli. E’ la storia terribile dell’ebreo italiano Nedo Fiano, la storia di un bambino che diventa uomo fra un campo di sterminio e l’altro, fino alla liberazione che, per lui, avviene a Buchenwald, nell’aprile del 1945. La storia che Nedo Fiano ha scritto nel suggestivo romanzo biografico “Il coraggio di vivere” che l’attore Emanuele Turelli ha trasformato in uno spettacolo per dare voce a quelle parole di dolore affinchè vengano conosciute ed ascoltate dalle nuove generazioni. Per questo lo spettacolo, in occasione della Giornata della Memoria, viene rappresentato nelle scuole e questo martedì ha fatto tappa all’Istituto Comprensivo Darfo 2. L’inchiesta “Il coraggio di vivere” prende scrupoloso spunto dal romanzo e lo trasforma in un monologo liberamente tratto dalle pagine scritte da Fiano. Emenuele Turelli le racconta con uno stile semplice, a tratti teatrale, con il contributo di filmati di grande effetto emotivo, non senza immagini drammatiche. I filmati scandiscono gli eventi cardine della vicenda: l’ascesa delle dittature in Europa, il drammatico viaggio in treno da Fossoli a Auschwitz, la vita nel campo di sterminio più crudo dell’olocausto, la liberazione e l’omaggio, con immagini reali, ai 6 milioni di vittime della follia nazista. Alla fine Turelli racconta il ritorno alla vita “normale” dei sopravvissuti e il messaggio di amore che viene dall’avere vissuto sulla propria pelle una delle espressioni più profonde dell’odio.

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