I tecnici, si sono avvalsi per capire meglio cosa sia accaduto anche del laboratorio Ivalsi di sesto fiorentino che sono stati a Cevo un paio di volte e che hanno setacciato la storia del monumento arrivato a Cevo qualche anno dopo la visita di Giovanni Paolo II a Brescia. Questo monumento, infatti, era stato pensato dal grande architetto Enrico Job proprio per quall’occasione. Era nata da un comitato, dopo la visita del Santo Padre, l’idea di trasferirlo sul Dosso del’Androla in Valle di Saviore, per farne un luogo di culto. Purtroppo tutti i sogni legati a questo progetto si sono infranti quel 24 aprile del 2014, così come la giovane vita di Marco Gusmini, rimasto schiacciato sotto il pesante manufatto. La conclusione cui sono giunti gli esperti era già in parte stata ventilata l’estate scorsa, durante l’ultimo giorno di sopralluoghi quando, dopo aver tagliato il moncone di croce che era rimasto issato verso il cielo. Si vedeva quasi ad occhio nudo che il legno nel punto del tracollo non era certo in buon condizioni. La relazione presentata avrebbe messo in evidenza anche alcune altre anomalie, come l’utilizzo di catramina e dei cordoni di sigillatura bituminosi, la presenza di due assicelle posizionate in un secondo momento alla sommità della croce e che probabilmente avrebbero lasciato filtrare l’acqua. La struttura della croce è molto complessa, il legno esposto agli agenti atmosferici ha bisogno di manutenzione continua. Pare che i tecnici non abbia però rintracciato alcune documentazione sull’esecuzione di controlli periodici previsti dal manuale d’uso e sulla manutenzione della croce. Pare che da ulteriori indagini la procura però sia in possesso di documenti utili rispetto a questo tema. Ora i peridi di parte ed i difensori dei 13 indagati hanno tempo fino al 19 dicembre per presentare osservazioni e controdeduzioni sul documento depositato dai periti della procura.
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